Passa dalla genetica e dall’epigenetica il futuro diagnostico e terapeutico del sarcoma, tumore estremamente aggressivo di origine mesenchimale di cui si distinguono almeno cento sottotipi. «Da una parte, – spiega Katia Scotlandi, coordinatrice del Working Group (WG) che in Alleanza Contro il Cancro, la Rete Oncologica Nazionale fondata nel 2002 dal Ministero della Salute, si occupa di questa neoplasia, – c’è la necessità di fornire ai Pazienti diagnosi sempre più adeguate ed effettuabili in tutti gli ospedali del SSN e, dall’altra, di proporre trattamenti innovativi. Per la cura del sarcoma, infatti, accanto alla chemioterapia – sostiene ancora la ricercatrice che opera all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, IRCCS associato ad ACC dove il WG ha il suo quartier generale – sono proposti prevalentemente farmaci classici ad elevato dosaggio».
Ogni anno in Italia vengono diagnosticati tra i 3 mila e i 3 mila 500 nuovi casi di sarcoma «tumore ad elevata aggressività biologica e forte tendenza a sviluppare metastasi che – aggiunge Scotlandi – necessita di cure invasive e con potenziali effetti limitanti la qualità della vita». Nel totale delle neoplasie il sarcoma pesa per il 2% circa, percentuale che tende a salire nella popolazione pediatrica o nei giovani adulti dove raggiunge il 15%.
All’attività di ricerca concorrono i principali IRCCS italiani con expertise specifico nonché l’Italian Sarcoma Group per disegnare e attivare clinical trials in tutt’Italia. «Stiamo lavorando per creare strumenti che consentano a tutte le strutture ospedaliere del Paese di fornire una diagnosi estremamente precisa e, di conseguenza, un trattamento ancor più idoneo di quanto accade oggi. Sul fronte delle terapie innovative, la cui individuazione passa attraverso la caratterizzazione genetica della patologia, abbiamo utilizzato un oncochip particolare che permette di rilevare con precisione e accuratezza prodotti di fusione genica noti e non noti. L’utilizzo associato della tecnologia Next Generation Sequencing (NGS), seppur complessa, fornisce un dato di facile lettura consultabile anche dalle anatomie patologiche per diagnosi routinarie»
«Il WG di ACC – conclude Scotlandi – è un momento unico e di grande valore nel panorama nazionale poiché consente a ricercatori di istituti differenti di lavorare in équipe per trasferire ai colleghi che operano in ambito clinico il frutto delle nuove conoscenze cellulari applicabili a trattamenti più efficaci e a tossicità ridotta».
Di seguito il video con l'intervista alla D.ssa Katia Scotlandi realizzato dall'Ufficio Comunicazione di ACC.